G n° 17-2 - Colui che segue l'acqua nera

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    Un'ombra spenta

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    Dal corpo di Iperione iniziano a grondare delle gocce nere, non di sangue ma di acqua, che si espandono fino a formare un mare color ebano da cui emerge la forma di Ponto. Il Dio non è lì di persona ma solo in una specie di simulacro, formato dal mare stesso, ma ciononostante il suo cosmo è immenso ed atterrisce i Cavalieri d’Oro, che ne percepiscono la differenza persino a paragone degli altri Titani. "Il suo rango è incommensurabilmente superiore a tutti coloro che abbiamo affrontato finora… è una grande divinità?!". Ponto afferma che il corpo ed il cosmo di Iperione gli appartengono, visto che fu lui a riportarlo in vita e può quindi gestire di lui liberamente, ma Aioria non è affatto d’accordo. "Io e Iperione ci siamo battuti mettendo in gioco il nostro destino. Non abbiamo certo versato il nostro sangue per ordine di chicchessia! Noi ci siamo battuti per proteggere i nostri cari!" dichiara il ragazzo con decisione, ottenendo però parole di scherno dall’antica Divinità. A suo comando infatti Iperione si rialza, privo di coscienza ma apparentemente agli ordini di Ponto. Quest’ultimo spiega che fu la sua Dunamis a curare Iperione quando egli tornò al mondo, e per questo adesso è sotto il suo completo controllo. Proprio come Aioria, il Titano, che ora brandisce di nuovo la spada, non è stato altro che una pedina nelle mani di Ponto, specialmente adesso che di lui non restano che il corpo senz’anima e la Dunamis. Soddisfatto, Ponto si volta per allontanarsi, invitando i Cavalieri d’Oro a continuare a combattere per lui, ma Aioria non ci sta e cerca di fermarlo. Incredibilmente però il cosmo del Dio è tale che persino la sua immagine illusoria è in grado di attaccare, ed atterra il Leone con un pugno. Furioso, non tanto per il colpo subito ma per il disprezzo con cui Ponto parla di Iperione, Aioria si rialza e sferra una serie di attacchi. Tutto però si infrange sulla grandiosa Ars Magna del Dio, che svela ai nemici l’amara verità "Sei riuscito a battere Iperione non perché egli fosse debole, bensì perché in lui era rimasto un sigillo. Essendo il suo corpo risorto grazie al mio intervento, non è mai stato in grado di combattere al massimo delle sue forze. Non solo, lo privai anche dei ricordi, facendo in modo che potesse battersi alla pari con un essere umano. Altrimenti… a un umano non sarebbe stato possibile superare un Dio". Pedina impotente nelle mani del nemico, Aioria è costretto a guardare il cosmo immenso di una reale divinità.
     
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